Mad Men, la fine di una grande serie

Doveva succedere, prima o poi. Ancora poco e poi niente più Don, Peggy, Roger, Joan, Betty, Sally, Pete. Sette puntate e Mad Men finirà per sempre: con la sua trama votata all’eterno ritorno se non proprio all’immobilità (che cosa è veramente successo in questi otto anni?) e la sua sceneggiatura sibillina come un oracolo. Non è un caso che, più di ogni altra serie, Mad Men abbia scatenato su blog, forum e siti specializzati lenzuoli di elucubrazioni, dietrologie, analisi e interpretazioni a ogni singola puntata.

Qual è il segreto del successo di questa serie che ci ha fatto entrare in un dipinto di Edward Hopper, e anche noi naufragare aggrappati al bancone di un bar a notte fonda?
Potremmo dire, tanto per cominciare, che Mad Men ha creato un’estetica dell’infelicità che è diventata paradigmatica: difficile essere più disperati di Donald Draper quando si accascia a terra davanti alla porta di casa, o quando ci guarda dal balcone mentre batte i denti per il freddo.

In parte Matthew Weiner è riuscito a ottenere questo perché, per riprodurre il clima formale, l’etichetta e il rigido confine tra pubblico e privato tipici degli anni Sessanta, la regia e le interpretazioni hanno giocato moltissimo di sottrazione, soprattutto nelle prime 5-6 stagioni (cioè, significativamente, fino al Sessantotto). La serie si è così caratterizzata per quel suo aplomb generalizzato giocato quasi solo su sguardi e non-sguardi, da cui sono derivate alcune critiche di freddezza e lentezza. Freddo, Mad Men non lo è mai stato per niente e, anzi, questo tipo di gestione dei personaggi, secondo cui a premesse forti seguivano reazioni impassibili, creava un pathos molto compresso e sempre sul punto di esplodere.

Solo di rado il climax è venuto alla luce, e quelle rare volte sono state liberatorie anche per noi. Una per tutte la celeberrima puntata The Suitcase 4×07 del compleanno di Peggy, nella quale Don ha lasciato libere per la prima volta le proprie emozioni. Ma, guarda caso, nelle puntate seguenti non vi è stato più alcun accenno agli eventi di quella notte. Unica traccia nella nostra memoria. Ed è in questo modo che Matthew Weiner ci ha incatenato ai suoi personaggi: rendendoci testimoni e custodi di ciò che nessuno osava confessarsi. Di un contatto umano.

Come dicevo, approfittando del contesto storico meno ingessato, da un paio di stagioni anche i personaggi di Mad Men si sono ammorbiditi, riducendo sensibilmente il gap tra loro e noi.
E a questa considerazione si lega un altro punto fondamentale di Mad Men: il modo in cui la serie tratta la Storia. In genere i film e le serie televisive ambientati nel passato sono storici solo per finta e in realtà ci raccontano l’oggi.

Mad Men no e, anzi, ha fondato buona parte del proprio successo iniziale sulla riscrittura delle nostre convinzioni riguardo gli anni Sessanta.

Eravamo tutti molto impressionati, nelle prime stagioni, da questi Mad Men primitivi e selvaggi che, per quanto astuti, si vedeva benissimo che non sapevano nulla della vita. Erano impulsivi, viscerali, crudi e ruvidi. Ignoravano le conseguenze delle proprie azioni e nemmeno se ne curavano. Bevevano fin dal mattino, fumavano furiosamente, si facevano il bagno una volta alla settimana e non si sentivano in colpa. Privi di dimestichezza con sé stessi e con la propria interiorità, per quanto facessero i gradassi, per quanto ostentassero sicurezza e controllo erano completamente indifesi, e per questo ci hanno fatto tenerezza.

Non percorrere l’identità tra ieri e oggi ma lasciar solo intuire il legame tra le due epoche è uno degli svariati colpi di genio di Weiner. E, alla luce di queste considerazioni, un’altra delle letture possibili è che Mad Men è il racconto della perdita della nostra innocenza. Noi, esseri umani del 2007-2015, così consapevoli e stanchi, così annoiati e cinici, stando a Mad Men, avremmo perso la verginità proprio negli anni Sessanta.

E ora vedremo come finisce. Dove eravamo rimasti? A un ottimo punto, in verità: Peggy e Don hanno fatto pace e tutti i soci della Sterling&Cooper sono diventati ricchissimi. E proprio nel momento in cui Don diventa ricco sfondato ha un’illuminazione: le cose più preziose della vita sono gratis.

Se la caveranno i nostri Mad Men? Forse sì.

Tutto lascia intendere, comunque, che l’epilogo coinvolgerà in prima persona Peggy, e in tempi non sospetti già i mitici guru Tom & Lorenzo avevano dichiarato che il personaggio centrale della serie non era Don ma Peggy.

Insomma Mad Men potrebbe sorprenderci ancora una volta e rivelarsi come una delle serie più femministe nella storia della tv. Le condizioni ci sono tutte.

Pubblicato da Fedefunk

Per lavoro scrivo di viaggi, nel tempo libero viaggio con i film

7 pensieri riguardo “Mad Men, la fine di una grande serie

      1. Complimenti per la tua cultura cinematografica: alcuni di essi non sono affatto famosi, quindi non è comune averli visti tutti e 10. Colgo l’occasione per dirti che mi sono iscritto al tuo blog. Buona Domenica! 🙂

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